Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  domenica 28 agosto 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Non solo dove stiamo andando, ma soprattutto, perché? E come è stato possibile?

di Guido Biancardi

Potremmo anche cominciare col chiederci assieme ad un ex sindaco di Lodi da molti stimato,  non solamente “dove stiamo andando”, ma soprattutto dove siamo stati sinora mentre stavano assumendo evidenze sempre più vivide gli atteggiamenti da lui denunziati, e da cui ora saremmo trascinati in direzioni  non condivisibili da ogni cultura politica e sociale che possa definirsi civile,  in particolare se pretendesse di proclamarsi cristiana.

 

Lo cito in una parte della sua lettera che condivido: ”Non sono sorpreso dall'atteggiamento di qualche “capo” dell'attuale maggioranza; nella trasparente logica di costoro, il proprio vantaggio immediato e personale è l'obiettivo che oscura ed annulla il bene comune. Sono sorpreso dalla quiescente accettazione da parte delle persone comuni, ragionevoli, oneste”.

Dove erano, quindi, coloro che “più potevano” sia agire che orientare ed ammonire, e controllare,  o  raccontare e commentare..., mentre si produceva tutta questa materia viscosa che oggi ci impania come in un roccolo dove non si distinguono più i  subdoli richiami dalle vittime tratte in inganno ed ormai già invischiate ed irretite e dai predatori che ne vogliono subito approfittare.

 

Dove erano  tutti quelli  della  parte che  sembra l'esclusiva  di coloro che  intendono  agire certo per il bene quasi esclusivamente dei meno fortunati, dei più disperati e privi di sicurezze sia  fra “i nostri “ che fra quelli che cercavano di diventare come noi, ma spesso rifiutavano in tutti i modi possibili un'integrazione offerta o da essi percepita come intollerabile  omologazione totale?

 

Fra  essi tutti ”i responsabili”, naturalmente : politici, amministratori e pubblici ufficiali, magistrati ed agenti dell'ordine e sacerdoti ed operatori della solidarietà in mille forme. Mentre sempre più avveniva che qualcuno  dei “nostri ultimi”(e quanti ce ne sono) si trovava a subire quasi di colpo (ed  il recente film “Gran Torino“ non tratta  solo di un unicum  esotico) la scoperta  che il suo quartiere era, ad esempio al di là di muri frettolosamente tirati su, occupato  da stranieri o circondato da misere parvenze di baraccopoli costruite abusivamente  ma sotto gli occhi di tutti da gente con altra lingua, tradizioni, colore, come anche il suo posto di lavoro.  E veniva rinforzato, da interessati mediatori sociali, nella convinzione che alcune scelte  pur se “ inevitabili”, erano state prese  sopra la sua testa  ed a suo danno e lui non poteva che prenderne atto “a giochi fatti” magari  con  pretese di una sua ammissione di colpa per pensieri ingenerosi. Così, sempre più,  egli si rivolgeva a chi, ma solo ”verosimilmente”, gli prospettava  un falso riscatto  sociale nell'antistorica chiusura localistica, autarchica ed antieuropea, e sicurezza e protezione della sua identità privilegiata.  Anche e per prima  cosa  contro la legge,   se essa non era in grado di tutelarlo ma solo di perseguitarlo e rendergli impossibile ogni cosa  tale da doversi ritenere “Giusta e Doverosa” in nome di un'Etica superiore o di una, altrettanto assoluta, Struttura occultata da  una tale “sovrastruttura”.

Si rivolgevano,  allora, sia i  responsabili che i  tutelati, quasi inconsapevolmente, verso  coloro che promettevano  non solo come possibile ma addirittura auspicabile, rivoluzionariamente, il disprezzo o il travisamento del diritto nazionale ed internazionale espressione di una legalità nemica; sia che ciò fosse  promesso “per fare  più giustizia” che per “garantire più sicurezza”.  Ed offrendo loro spazi crescenti di presenza nei media e posizioni di  sempre maggior rilievo. Ma non erano altro che  analoghe   intenzioni che animavano  anche i singoli “cittadini semplici”,  anche di coloro fra i  più generosi  e persino a volte  generalmente fra i più avvertiti, che,  di fronte alla scandalo di  certe  inaccettabili situazioni personali degradate e  per porvi un qualche rimedio,  erano  disposti attivamente,  disapplicandole ed aggirandole (od omettendo  previsti doverosi comportamenti di controllo) a far perdere di dignità  alle leggi per la loro intrinseca insufficienza ed inaffidabilità, ed a compiere,  magari anche solo  un piccolo passo, ma di massa, nell'ingiustizia. Complici più o meno consapevoli di una strategia di “multietnicità indotta“, provvidenzialmente  annunziata per alcuni e tacitamente perseguita come forma di resa giustizia divina e proletaria per  chi aveva subito  ad esempio, gli effetti delle spoliazioni coloniali e dello sfruttamento. E che ancora  attualmente persistono giustificando, almeno verso la Libia, vergognose  ed insincere  pantomime! Quanto ai “fornitori ufficiali ed soprattutto ufficiosi” delle cifre sugli immigrati clandestini, ora scopriamo di essere 60 milioni: chi ci crede più?

 

Molti anche in  possibile perfetta buona fede, così,  hanno versato  la loro parte di benzina su questo divampante disastro  delle emigrazioni di massa dalle aree povere e meno libere del mondo verso la meta della sopravvivenza rappresentata dalle democrazie occidentali sviluppate.  Oggi dei disperati si combattono violentemente fra loro  per il puro spazio vitale e, se  a volte tracimano  in violenze nei nostri confronti, vengono immediatamente bollati, non come singoli responsabili ma, generalizzando in modo discriminatorio, come  ed in quanto  appartenenti a “generi, etnie, razze“,  come” criminali”  e solo allora vengono, come tali o come vittime poco importa,  rappresentati dalle forze politiche  ma  secondo le loro convenienze, spesso come  mero strumento di potere.

 

Tutto ciò al prezzo di un'unica vittima disconosciuta da tutti,  lasciata, dopo le tante violenze subite, irriconoscibile per strada come ogni povera creatura violentata: la legalità garantita dalle istituzioni democratiche del Paese che è l'unica reale difesa del debole che non voglia dipendere dalle intenzioni volubili di un protettore.

 

Talmente irriconoscibile dopo tutte le lacerazioni subite per  gli insulti di  tanta frettolosa ed incompetente legislazione “propagandistico/emergenziale” affastellatasi  attorno a singoli casi emblematici, da dover essere “ristabilita (!?)” dalla nuova legalità del delitto di clandestinità e delle ronde.

 

Con “le mille badanti “escluse dal novero dei residenti per ragioni di pubblico (e privato) interesse,  con le quali labile e sfuggente è  l'obbligo previdenziale e  sotterranea la  forma di “avviamento”, cui hanno alacremente  ed imprudentemente lavorato a volte come veri e propri “importatori grigi” quasi tutte le reti di solidarietà soprattutto religiose sia  in Italia ed all'estero, nessuna di queste ultime è riuscita a rendersi conto di essere forse in procinto di creare  la schedatura delle future delinquenti e dei loro complici o conniventi per aver dato loro ospitalità; unitamente a preparare un contraccolpo  depressivo collettivo  per i nostri anziani  quando saranno deprivati dalla miracolosa reincarnazione della soluzione alla  solitaria assistenza familiare di una non lontana tradizione. E ciò a ragione dell'accertabile insostenibilità economica e sociale  di un tale generalizzato livello di servizio garantito come individuale ed a  domicilio, in regime di ordinaria legalità fiscale e  previdenziale.

 

Ma è indubbio che ”la funzione ha creato l'organo“, (anche se “non ancora“ si pensava) omologato e condonato; e la buona fede a buon mercato ha cementato fra loro le  troppe lapidi su cui erano scolpite le forme dell'illegalità accettata come prassi popolare. Certo da alcune parti auspicabile. Ma contro ogni principio liberale di certezza del diritto e, spesso, con un distorto fraintendimento culturale circa l'essenza dell'azione nonviolenta dell'obbiezione di coscienza a cui ricorrere in estrema istanza, che presuppone la denunzia dell'ingiustizia della legge e la conseguente decisione di disapplicarla. Con la contemporanea autodenunzia per il suo  futuro mancato rispetto per ottenere la certezza della sanzione “al fine di rendere  l'ingiustizia palese anche a chi la sostiene attraverso l' ulteriore verità resa disponibile perché testimoniata dal gesto nonviolento”. E sostituita invece e troppo spesso mistificata con una disobbedienza  intrisa di  violenza per  cui viene pretenziosamente  invocata l' impunibilità.

Quanti “piccoli“ strappi o eccessi di zelo hanno segnato le vicissitudini dei lavoratori irregolari spesso  non solo con le attenzioni di persone generose ma anche con  le connivenze di caporali e di sfruttatori senza scrupoli? Quante case sono state predisposte per accogliere i migranti in un Paese in cui l'offerta d'alloggio nei pressi del luogo di lavoro era stata assicurata per legge per intere categorie (l'”imponibile di mano d'opera“ in agricoltura nel secondo dopoguerra  lo prevedeva)? Quante costruzioni sono state segnate da una morte bianca straniera al primo giorno di lavoro?

 

E quanta invidia mortale è stata messo in sommovimento da  troppo facili confronti  interetnici spesso enfatizzati dai media, comunque impietosi quando non puramente opportunistici?

Il mancato dissenso dei  molti  immancabili Pastori delle coscienze morali  e civili dei loro fedeli,  religiosi o laici, ha accompagnato queste derive come in una sorta d' impacciata espressione dell'applicazione del criterio del  male minore (dove il male minore, di fronte alla necessità umana  conclamata era  costituito dall'infrangere proprio la legge da cui si generava la sua tutela) ; con una manifestazione di gracilità o immaturità civica che si è rivelata troppo debole in seguito a rivendicare ed imporre il primato delle leggi e dei principi del diritto internazionale di fronte a nuovi fondamentalismi xenofobi e nazionalistici. Ma non sino al punto di non aver potuto  contribuire, con  le evidenti complicità documentate dai Radicali ne “La peste italiana”, alla  degenerazione  in Italia della Democrazia in Regime.

 

Dove eravamo, quindi? Dove siamo, dunque?  Da R-esistenti  politici schierati da oltre 50 anni a difesa della Democrazia e dello Stato di diritto contro il Regime partitocratico che si è instaurato sotto forma di un monopartitismo imperfetto in veste sia di maggioranza che di opposizione, i Radicali sentono urgente la responsabilità di un monito: in democrazia liberale, fuori dal rispetto della legge, (sempre da combattere  apertamente e  da cambiare, battendosi anche a proprio rischio per questo, se ingiusta),  nessuna libertà è  davvero garantita.

La banalità del Male e le sue continue  metamorfosi  circa le quali Hannah Arendt ci metteva in guardia, devono essere  pertanto sempre denunziate. I Radicali lo fanno,  presentandosi in una tornata elettorale in assenza di garanzie democratiche, battendosi “per la Patria Europea  degli Stati Uniti d'Europa (e , secondo il sogno di Churchill, anche d'America)“, e contro la tragica “Europa delle patrie“ di cui abbiamo già conosciuto gli orrori possibili. Consapevoli  e da sempre convinti che, ad una strage di diritto seguirà  purtroppo quasi  inevitabilmente strage di popoli , espongono, a monito, sul petto la “stella gialla” della Shoa per non lasciare intentato l'obbligo morale e politico di denunzia  di tutto ciò  perché non venga ulteriormente diffuso soprattutto, ma non solo, in Europa.

 

Nell'estremo tentativo della difesa della trentennale, e non  per loro strategica,  postazione “di lavoro” europea , facendo sino in fondo il miglior uso possibile del residuo di visibilità che un “sistema truccato” ha loro concesso.