Potremmo anche cominciare col chiederci assieme ad un ex sindaco di Lodi da molti stimato, non solamente “dove stiamo andando”, ma soprattutto dove siamo stati sinora mentre stavano assumendo evidenze sempre più vivide gli atteggiamenti da lui denunziati, e da cui ora saremmo trascinati in direzioni non condivisibili da ogni cultura politica e sociale che possa definirsi civile, in particolare se pretendesse di proclamarsi cristiana.
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Lo cito in una parte della sua lettera che condivido: ”Non sono sorpreso dall'atteggiamento di qualche “capo” dell'attuale maggioranza; nella trasparente logica di costoro, il proprio vantaggio immediato e personale è l'obiettivo che oscura ed annulla il bene comune. Sono sorpreso dalla quiescente accettazione da parte delle persone comuni, ragionevoli, oneste”.
Dove erano, quindi, coloro che “più potevano” sia agire che orientare ed ammonire, e controllare, o raccontare e commentare..., mentre si produceva tutta questa materia viscosa che oggi ci impania come in un roccolo dove non si distinguono più i subdoli richiami dalle vittime tratte in inganno ed ormai già invischiate ed irretite e dai predatori che ne vogliono subito approfittare.
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Dove erano tutti quelli della parte che sembra l'esclusiva di coloro che intendono agire certo per il bene quasi esclusivamente dei meno fortunati, dei più disperati e privi di sicurezze sia fra “i nostri “ che fra quelli che cercavano di diventare come noi, ma spesso rifiutavano in tutti i modi possibili un'integrazione offerta o da essi percepita come intollerabile omologazione totale?
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Fra essi tutti ”i responsabili”, naturalmente : politici, amministratori e pubblici ufficiali, magistrati ed agenti dell'ordine e sacerdoti ed operatori della solidarietà in mille forme. Mentre sempre più avveniva che qualcuno dei “nostri ultimi”(e quanti ce ne sono) si trovava a subire quasi di colpo (ed il recente film “Gran Torino“ non tratta solo di un unicum esotico) la scoperta che il suo quartiere era, ad esempio al di là di muri frettolosamente tirati su, occupato da stranieri o circondato da misere parvenze di baraccopoli costruite abusivamente ma sotto gli occhi di tutti da gente con altra lingua, tradizioni, colore, come anche il suo posto di lavoro. E veniva rinforzato, da interessati mediatori sociali, nella convinzione che alcune scelte pur se “ inevitabili”, erano state prese sopra la sua testa ed a suo danno e lui non poteva che prenderne atto “a giochi fatti” magari con pretese di una sua ammissione di colpa per pensieri ingenerosi. Così, sempre più, egli si rivolgeva a chi, ma solo ”verosimilmente”, gli prospettava un falso riscatto sociale nell'antistorica chiusura localistica, autarchica ed antieuropea, e sicurezza e protezione della sua identità privilegiata. Anche e per prima cosa contro la legge,  se essa non era in grado di tutelarlo ma solo di perseguitarlo e rendergli impossibile ogni cosa tale da doversi ritenere “Giusta e Doverosa” in nome di un'Etica superiore o di una, altrettanto assoluta, Struttura occultata da una tale “sovrastruttura”.
Si rivolgevano, allora, sia i responsabili che i tutelati, quasi inconsapevolmente, verso coloro che promettevano non solo come possibile ma addirittura auspicabile, rivoluzionariamente, il disprezzo o il travisamento del diritto nazionale ed internazionale espressione di una legalità nemica; sia che ciò fosse promesso “per fare più giustizia” che per “garantire più sicurezza”. Ed offrendo loro spazi crescenti di presenza nei media e posizioni di sempre maggior rilievo. Ma non erano altro che analoghe  intenzioni che animavano anche i singoli “cittadini semplici”, anche di coloro fra i più generosi e persino a volte generalmente fra i più avvertiti, che, di fronte alla scandalo di certe inaccettabili situazioni personali degradate e per porvi un qualche rimedio, erano disposti attivamente, disapplicandole ed aggirandole (od omettendo previsti doverosi comportamenti di controllo) a far perdere di dignità  alle leggi per la loro intrinseca insufficienza ed inaffidabilità , ed a compiere, magari anche solo un piccolo passo, ma di massa, nell'ingiustizia. Complici più o meno consapevoli di una strategia di “multietnicità indotta“, provvidenzialmente annunziata per alcuni e tacitamente perseguita come forma di resa giustizia divina e proletaria per chi aveva subito ad esempio, gli effetti delle spoliazioni coloniali e dello sfruttamento. E che ancora attualmente persistono giustificando, almeno verso la Libia, vergognose ed insincere pantomime! Quanto ai “fornitori ufficiali ed soprattutto ufficiosi” delle cifre sugli immigrati clandestini, ora scopriamo di essere 60 milioni: chi ci crede più?
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Molti anche in possibile perfetta buona fede, così, hanno versato la loro parte di benzina su questo divampante disastro delle emigrazioni di massa dalle aree povere e meno libere del mondo verso la meta della sopravvivenza rappresentata dalle democrazie occidentali sviluppate. Oggi dei disperati si combattono violentemente fra loro per il puro spazio vitale e, se a volte tracimano in violenze nei nostri confronti, vengono immediatamente bollati, non come singoli responsabili ma, generalizzando in modo discriminatorio, come ed in quanto appartenenti a “generi, etnie, razze“, come” criminali” e solo allora vengono, come tali o come vittime poco importa, rappresentati dalle forze politiche ma secondo le loro convenienze, spesso come mero strumento di potere.
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Tutto ciò al prezzo di un'unica vittima disconosciuta da tutti, lasciata, dopo le tante violenze subite, irriconoscibile per strada come ogni povera creatura violentata: la legalità garantita dalle istituzioni democratiche del Paese che è l'unica reale difesa del debole che non voglia dipendere dalle intenzioni volubili di un protettore.
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Talmente irriconoscibile dopo tutte le lacerazioni subite per gli insulti di tanta frettolosa ed incompetente legislazione “propagandistico/emergenziale” affastellatasi attorno a singoli casi emblematici, da dover essere “ristabilita (!?)” dalla nuova legalità del delitto di clandestinità e delle ronde.
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Con “le mille badanti “escluse dal novero dei residenti per ragioni di pubblico (e privato) interesse, con le quali labile e sfuggente è l'obbligo previdenziale e sotterranea la forma di “avviamento”, cui hanno alacremente ed imprudentemente lavorato a volte come veri e propri “importatori grigi” quasi tutte le reti di solidarietà soprattutto religiose sia in Italia ed all'estero, nessuna di queste ultime è riuscita a rendersi conto di essere forse in procinto di creare la schedatura delle future delinquenti e dei loro complici o conniventi per aver dato loro ospitalità ; unitamente a preparare un contraccolpo depressivo collettivo per i nostri anziani quando saranno deprivati dalla miracolosa reincarnazione della soluzione alla solitaria assistenza familiare di una non lontana tradizione. E ciò a ragione dell'accertabile insostenibilità economica e sociale di un tale generalizzato livello di servizio garantito come individuale ed a domicilio, in regime di ordinaria legalità fiscale e previdenziale.
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Ma è indubbio che ”la funzione ha creato l'organo“, (anche se “non ancora“ si pensava) omologato e condonato; e la buona fede a buon mercato ha cementato fra loro le troppe lapidi su cui erano scolpite le forme dell'illegalità accettata come prassi popolare. Certo da alcune parti auspicabile. Ma contro ogni principio liberale di certezza del diritto e, spesso, con un distorto fraintendimento culturale circa l'essenza dell'azione nonviolenta dell'obbiezione di coscienza a cui ricorrere in estrema istanza, che presuppone la denunzia dell'ingiustizia della legge e la conseguente decisione di disapplicarla. Con la contemporanea autodenunzia per il suo futuro mancato rispetto per ottenere la certezza della sanzione “al fine di rendere l'ingiustizia palese anche a chi la sostiene attraverso l' ulteriore verità resa disponibile perché testimoniata dal gesto nonviolento”. E sostituita invece e troppo spesso mistificata con una disobbedienza intrisa di violenza per cui viene pretenziosamente invocata l' impunibilità .
Quanti “piccoli“ strappi o eccessi di zelo hanno segnato le vicissitudini dei lavoratori irregolari spesso non solo con le attenzioni di persone generose ma anche con le connivenze di caporali e di sfruttatori senza scrupoli? Quante case sono state predisposte per accogliere i migranti in un Paese in cui l'offerta d'alloggio nei pressi del luogo di lavoro era stata assicurata per legge per intere categorie (l'”imponibile di mano d'opera“ in agricoltura nel secondo dopoguerra lo prevedeva)? Quante costruzioni sono state segnate da una morte bianca straniera al primo giorno di lavoro?
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E quanta invidia mortale è stata messo in sommovimento da troppo facili confronti interetnici spesso enfatizzati dai media, comunque impietosi quando non puramente opportunistici?
Il mancato dissenso dei molti immancabili Pastori delle coscienze morali e civili dei loro fedeli, religiosi o laici, ha accompagnato queste derive come in una sorta d' impacciata espressione dell'applicazione del criterio del male minore (dove il male minore, di fronte alla necessità umana conclamata era costituito dall'infrangere proprio la legge da cui si generava la sua tutela) ; con una manifestazione di gracilità o immaturità civica che si è rivelata troppo debole in seguito a rivendicare ed imporre il primato delle leggi e dei principi del diritto internazionale di fronte a nuovi fondamentalismi xenofobi e nazionalistici. Ma non sino al punto di non aver potuto contribuire, con le evidenti complicità documentate dai Radicali ne “La peste italiana”, alla degenerazione in Italia della Democrazia in Regime.
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Dove eravamo, quindi? Dove siamo, dunque? Da R-esistenti politici schierati da oltre 50 anni a difesa della Democrazia e dello Stato di diritto contro il Regime partitocratico che si è instaurato sotto forma di un monopartitismo imperfetto in veste sia di maggioranza che di opposizione, i Radicali sentono urgente la responsabilità di un monito: in democrazia liberale, fuori dal rispetto della legge, (sempre da combattere apertamente e da cambiare, battendosi anche a proprio rischio per questo, se ingiusta), nessuna libertà è davvero garantita.
La banalità del Male e le sue continue metamorfosi circa le quali Hannah Arendt ci metteva in guardia, devono essere pertanto sempre denunziate. I Radicali lo fanno, presentandosi in una tornata elettorale in assenza di garanzie democratiche, battendosi “per la Patria Europea degli Stati Uniti d'Europa (e , secondo il sogno di Churchill, anche d'America)“, e contro la tragica “Europa delle patrie“ di cui abbiamo già conosciuto gli orrori possibili. Consapevoli e da sempre convinti che, ad una strage di diritto seguirà  purtroppo quasi inevitabilmente strage di popoli , espongono, a monito, sul petto la “stella gialla” della Shoa per non lasciare intentato l'obbligo morale e politico di denunzia di tutto ciò perché non venga ulteriormente diffuso soprattutto, ma non solo, in Europa.
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Nell'estremo tentativo della difesa della trentennale, e non per loro strategica, postazione “di lavoro” europea , facendo sino in fondo il miglior uso possibile del residuo di visibilità che un “sistema truccato” ha loro concesso.